
Dall’intervento nell’ambito della IX edizione del Festival di Poesia Paolo Prestigiacomo, agosto 2022, San Mauro Castelverde
Sono caduti distrutti: la sconfitta esistenziale nella poesia di Franco Enna Cannarozzo
“Nella sua poesia Franco si pone spesso testimone della sconfitta dell’essere umano in quanto tale, del suo fallimento a mantenere in vita gli ideali che dell’umanità dovrebbero essere fondamento. Vede nel mondo che lo circonda gli effetti di questa devastazione, e quando rivolge lo sguardo all’interno vede che lui stesso non ne è immune. Allora a tratti la sconfitta diviene resa, a volte quasi amara speranza.”
Ho passato gran parte della mia infanzia nella casa dei nonni materni.
Ero la prima nipote, unica bambina in un mondo di adulti, parenti, amici e collaboratori di mio nonno, che passavano da casa con le loro storie. Mentre i grandi parlavano io li stavo a sentire, senza che loro facessero caso a me. Ero una bambina silenziosa, che osservava tutto, ascoltava tutti, soprattutto mio nonno, quel nonno carismatico, straniero, scrittore, di grande cultura… che spiccava come un gigante su tutto il resto.
Ho assorbito la sua visione del mondo standogli vicino, ero ancora giovane per partecipare alle conversazioni, l’ho ricevuta per osmosi quando ero troppo piccola per elaborarla, ma la sentivo giusta, inconfutabile visto che arrivava dall’uomo più saggio e importante che conoscessi allora.
Ricordo che, quando lui scriveva a macchina, il ticchettìo dei tasti riempiva la casa anche da dietro la porta chiusa del suo studio, musica di sottofondo delle mie giornate.
Ricordo che imprecava ogni giorno guardando il telegiornale, disapprovando gli intrighi e le malefatte di chi stava al potere, infuriandosi per le calamità naturali come se fossero sintomo di un’umanità disdicevole che le chiamava su di sé, facendo però pagare tutto il prezzo a chi già stava soffrendo, innocente.
Questo scritto quindi non potrà essere un commento erudito allo stile poetico di Franco Enna Cannarozzo, a partire dalla mia relazione con mio nonno vi accompagnerò invece tra le sue parole, a scoprire uno dei racconti che io ho letto nelle sue poesie.
Franco era un uomo dai grandi ideali, sentivo come per lui ci fossero valori inviolabili e vedevo la sua indignazione ogni volta che venivano invece calpestati, quotidianamente nel mondo.
È morto quando avevo tredici anni e solo in seguito ho letto le sue poesie. Leggendole ho ritrovato quello che mi ha trasmesso da bambina, una visione in cui l’essere umano è vittima di se stesso, non di un grande male esterno, ma del piccolo male interiore che l’uomo non è capace di tenere a bada, e così lascia che si cibi degli ideali più importanti fino a che siano completamente consumati. Invece che convivere come fratelli e sorelle, accedendo a una semplice legge naturale intrinseca e pura, la socialità si riempie di meschinità destinate a strabordare e insozzare tutto.
Così gli esseri umani sono caduti distrutti.
Ho cercato l’origine della visione di purezza che Franco vedeva come il potenziale incompiuto dell’uomo, il suo riferimento interiore che gli permetteva di discernere cosa fosse umano nella più alta accezione, umano a immagine e somiglianza del divino naturale. Credo che la risposta sia qui:
È l’uomo che trovo sulle mie strade
seduto sotto una quercia
a vedermi passare.
Ha il cuore sulla mano
e i suoi occhi sanno le risate
dei bimbi tra i balocchi.
È l’uomo che crede nei voli
delle rondini
e ascolta i gufi tra i grilli
nelle notti stellate,
e poi sorride.
[…]
Se penso a Cristo, gli trovo vicino
mio padre,
insieme sulle mie strade
a parlare di greggi e di uccelli.
Vanno entrambi per mano
come due fanciulli alla fiera
scavalcando i ruscelli.
[…] (1)
Interiormente Franco possedeva questo tesoro, questa immagine calda e innocente che usava come paragone per valutare il mondo. Un’immagine profondamente dissonante con la realtà che lo circondava, che lo poneva come osservatore, testimone impotente della vita e dei suoi tormenti.
Ho veduto le falci impazzire
di sole
sui campi deserti,
le dita raspare zolle
per l’ultimo parto del forno,
i cuori fermarsi stanchi ai crocicchi.
Ho veduto i nuovi ponti
passare gesti
di pianto
alla sponda vicina,
la bontà farsi orrore
e l’amore
cercare uno scherno di più.
Ho veduto la guerra
nelle chiese più antiche.
Oggi
i sogni dei buoni crepitano
come sterpi, come foglie
sotto i piedi degli uomini.
La vita
màcera il male
nel vuoto dei secoli
perduti.
Muti e deserti,
gli altari distruggono croci
poi giacciono,
ruderi inerti,
nella polvere scarlatta
della disfatta.
Ho veduto. (2)
Non ci sono mezzi toni al suo sguardo: c’è il bianco e il nero, non si confondono, non si mischiano, a volte coabitano e lottano, ma il suo giudizio sul mondo non lascia spazio al grigio. Non c’è motivo per tanta miseria, e se è insensata è ancora più disperata.
Ai suoi occhi è andato perso qualcosa di fondamentale, i segni tangibili dell’umanità stessa.
Qualcosa è morto ed è stato seppellito senza onori, dimenticato.
Trasversalmente in alcune sue poesie, ribadisce il simbolo di questa sepoltura, ancora e ancora.
[…]
Fioriscono croci di ferro battuto
Dalla erbaccia del camposanto (3)
Sono caduti distrutti
i ponti brevi della libertà
ancora freschi di gloria
e calcestruzzo.
[…]
Sazi di croci,
i cimiteri ascoltano canzoni
di cipressi
scritte dai venti del colle.
[…] (4)
[…]
In un fossato
Ho trovato tre croci
Bagnate di sangue,
croci abbandonate dagli uomini
sulle scalinate intatte
delle chiese.
[…] tre croci,
scheletri che sono stati,
dice una scritta, ideali,
Pace Giustizia ed Amore,
fantasmi ormai di trapassati.
Tre croci in un fossato,
ogni croce una sconfitta,
tre croci di vecchio legno
tarlato! (5)
Con questa consapevolezza pesante Franco va nel mondo, si allontana dalla sua terra e cerca altri come lui, che abbiano la sua stessa visione di purezza dentro, compagni… Non so se ne abbia mai trovati, ma li ha cercati.
Io sono colui
che tra i vivi cerca
compagni
d’una fede folle
che porti una canzone
di pace
a quei mille che hanno gli occhi
pieni di terra. (6)
Ha trovato amanti, che gli hanno fatto scoprire che il corpo di una donna è il luogo dove perdersi e rifugiarsi dagli orrori del mondo, dove la fusione carnale concede oblio e conforto.
L’inutile vita,
le coscienze molteplici,
gli uomini immemori,
le deità probabili,
le fortune avverse a noi,
il buio dell’ignoto,
tutto, amore, tutto
si spegne, nella luce d’ambra
che la tua pelle esala
nel mio avido cielo,
tutto s’annulla e giace
tra le corolle ardenti che mi porge
il mistero fecondo del tuo giardino. (7)
Conforto dal terribile effetto collaterale di fargli abbassare la guardia e renderlo vulnerabile al suo piccolo male interiore, che si espande a congiungersi con i grandi mali del mondo.
[…]
Forse mi piace pensarti
stupefatta
tra le mie braccia
con la bocca socchiusa,
trepidante come una cerbiatta
sperduta,
mentre dai colli scende un suono
molle di cornamusa.
Ma come un insetto mi sento,
vinto prigioniero
nella tela del mio squallore.
Poi m’adorna il vezzo della fine
e la vita distruggo. (8)
E la vita distruggo.
Il piccolo male è cresciuto e straborda anche da lui. Nessuno è immune.
L’uomo perdendo gli ideali perde la sua umanità e si fa peggio che bestia, si corrompe. Il temporaneo sollievo dell’abbraccio di una donna diventa il luogo per eccellenza dove proprio Franco cade vittima, violando quegli ideali di cui rimpiange la perdita: Libertà Pace Giustizia Amore.
Forse Libertà, Pace e Giustizia sono persi in modo irrecuperabile, il singolo uomo non può fare nulla se il resto dell’umanità vive schiava, affamata, in guerra, ma per Amore le cose potrebbero essere diverse, Amore non necessita il riconoscimento della società per esistere, è possibile tenerlo custodito interiormente nella calda visione di purezza, anche se tutto intorno crolla. Amore chiama Amore, e allora c’è la possibilità di attraversare la devastazione e uscirne incolumi insieme.
Scricchiolano
(li sento come ruote
sui ciottoli) ragni
nelle occhiaie dell’umanità
distrutta.
Stagnano
(li vedo come mostri)
nembi sulla bocca del tempo
riverso sulle piazze notturne
dell’universo.
Ma i nostri sogni si prendono per mano;
si sono ritrovati
dopo le miglia del dolore
sotto i campanili.
Ora vanno
verso le montagne del sole
dove la vita
canta
parole di luce.
Il nostro amore percorre spazi
calmo come vecchio.
Ha segreti pòllini sul palmo
e li soffia verso gli astri.
Il tuo sorriso calca orizzonti
fantastici
nella creta azzurra
del mio spirito.
Noi soli viviamo
in un mondo di spettri. (9)
Francesca Fretti
Note:
- da Mio padre, Il mare aspetta le mie strade, Mazzucconi Editore, Lugano, 1950
- Uomini, Il mare aspetta le mie strade, Mazzucconi Editore, Lugano, 1950
- da Fioriscono croci di ferro battuto, Segnali di fumo, Papiro Editrice Enna, 1989
- da Sono caduti distrutti, Segnali di fumo, Papiro Editrice Enna, 1989
- da Ho trovato tre croci, Segnali di fumo, Papiro Editrice Enna, 1989
- da Compagni, Segnali di fumo, Papiro Editrice Enna, 1989
- da Agghindata così, dei tuoi capelli, Carnet d’amore, Garolla Editore, Milano, 1986
- Ma i nostri sogni si prendono per mano, Il mare aspetta le mie strade, Mazzucconi Editore, Lugano, 1950